Editoriale di Laurent Joffrin, direttore di Libération
http://www.liberation.fr/societe/2015/01/07/charlie-vivra_1175771
7 gennaio 2015, ore 19,38
Hanno ucciso Cabu! Hanno ucciso Cabu, il pacifista, il generoso, l’uomo migliore della Terra oltre che il miglior disegnatore.
Hanno ucciso Wolin, Charb, Tignous, Bernard Maris, e gli altri ! Wolinski, il più folle, il tenero sibarita, quello che più amava la vita. Charb il padre coraggio, Tignous il tignoso gentile, Bernard, il professore di economia che tutti avrebbero voluto avere, letterato forte delle sue convinzioni e pieno di cultura. Hanno tentato di uccidere anche Philippe, nostro amico. Philippe Lançon, brillante critico di Libération, giornalista e scrittore, che ora è in prognosi riservata. Libération è stato colpito al cuore. Charlie e la sua banda sono nostri cugini. Insieme ai loro amici, alle loro famiglie, piangiamo.
Charlie è stato la risata intelligente, la risata impietosa, la derisione, il rifiuto della tragedia, l’ironia piena di speranza, Voltaire a fumetti, un calcio in culo ai fanatici. Contro le matite, i carboncini e le vignette hanno tirato fuori i kalashnikov. Che dimostrazione di debolezza! Quando non si hanno argomenti, si spara.
Allora hanno ucciso Charlie ? No. Non ci sono riusciti. Charlie vivrà, grazie ai suoi lettori. Charlie vivrà nel suo spirito, attraverso tutti noi. Siamo tutti Charlie. Libé aveva già ospitato Charlie qualche anno fa, in seguito a un attentato, già, che ne aveva distrutto la sede… Se necessario i nostri locali sono disponibili, naturalmente.
Non ci sono riusciti. Uccidendo i nostri amici ci hanno devastato ma ci hanno resi più forti. I disegnatori di Charlie, da cinquant’anni, illustrano ogni giorno la ragion d’essere della stampa : conoscere e giudicare, smascherare il ridicolo e le ingiustizie, riderne come pazzi per poi combatterle e misurare, allo stesso tempo, la vanità del mondo. Sono stati il simbolo della generazione del ’68, della quale si parla tanto male, ma della quale si dimentica l’impegno incessante per avere più libertà. Hanno abbattuto tutti i tabù, ridicolizzato ogni dogma, messo il cappello da asino a tutte le statue dei condottieri, fatto sberleffi sguaiati a chiunque volesse dare lezioni.
Nato durante l’autoritaria Quinta Repubblica, Charlie è stato il breviario dei ragazzi del Maggio francese. Ogni settimana un sarcasmo lanciato in faccia ai potenti, un calcio in bocca all’essenza della seriosità, e tutto al servizio di una società differente, un po’ migliore, un po’ più fraterna. Se viviamo, tutti, con meno pregiudizi, meno censura, meno corazze e princìpi stantii, con un po’ più d’autonomia, di libero arbitrio, di senso dell’umorismo, è anche grazie a questa gang di viveur fragorosi e caldi, che hanno sempre preferito una battuta a una scrollata di spalle e che tutto questo l’hanno pagato: con la vita. Nel corso di tutta la loro lunga storia non hanno mai fatto un passo indietro. Tutti gli autoritari, i solenni, i repressivi, gli oscurantisti, i sepolcri imbiancati e le persone che contano in Francia si sono lamentati, prima o poi, di Charlie. Ecco, sono stati vendicati… Charlie ha conosciuto la censura del gollismo, uno scandalo dimenticato. Charlie è stato colpito a morte dall’islamismo. I tempi sono cambiati.
È una concidenza ? I terroristi non hanno attaccato gli «islamofobi», i nemici dei musulmani, quelli che non smettono di gridare al lupo islamico. Hanno scelto Charlie. Vale a dire la tolleranza, il rifiuto del fanatismo, la sfida al dogmatismo. Hanno scelto questa sinistra aperta, tollerante, laica, senza dubbio troppo gentile, «dirittiumanista», pacifica, che si indigna per come vanno le cose nel mondo ma che preferisce prenderlo per il culo che infliggergli il proprio catechismo. Questa sinistra sbeffeggiata dagli Houellebecq, dai Finkielkraut e da tutti gli identitari… I fanatici non difendono la religione, che può essere accogliente, non difendono i musulmani, che nella loro immensa maggioranza si sono scagliati contro questo massacro ignobile. I fanatici attaccano la libertà.
La strada da percorrere è chiara. Per difendersi, la libertà rispetti i propri princìpi fondanti: cercare senza tentennamenti i criminali, arrestarli e portarli di fronte a normali tribunali, dove riceveranno la punizione che meritano, né più né meno; chiamare a una giusta mobilitazione tutti i cittadini, che individueranno senza strabismi l’avversario – il terrorismo e non l’islam, il fanatismo e non la fede, l’estremismo e non i loro compatrioti musulmani che sono le prime vittime dell’integralismo e che ora, messi alla prova, sono solidali.
Quanto a noi, giornalisti, amici dei giornalisti assassinati, noi andremo avanti. Per qualche tempo, senza dubbio, avremo il cuore più pesante, ma la nostra determinazione sarà più forte. Sappiamo che questa professione a volte è pericolosa. Sono tantissimi i reporter che partono per informarci sui paesi in guerra. E ogni anno ne muoiono decine e decine. Oggi si vuole portare la guerra nelle sedi delle nostre redazioni. Noi non faremo la guerra. Noi non siamo soldati. Ma difenderemo quel che sappiamo fare e che è la nostra vocazione: aiutare chi legge a sentirsi cittadino. Non è una gran cosa ma è qualcosa. Con una certezza più salda che mai: adesso sappiamo perché facciamo questo mestiere.
Traduzione di Fiamma Lolli per “Buenos Dias Leghorn – staff di traduzioni di Buongiorno Livorno”