La priorità deve essere la salvaguardia del sostegno


Lo scorso 29 maggio l’Ufficio Scolastico Regionale ha emanato una circolare che prevede addirittura una citazione per danno all’erario dello Stato per i dirigenti che si rendono disponibili a firmare i Piani Educativi Individualizzati con una richiesta di più di 18 ore di sostegno per ciascun alunno a cui sono riconosciuti i diritti della legge 104. Siamo stati contattati in questi giorni da vari operatori della scuola, che ci hanno riferito come la “raccomandazione” sia stata rinnovata nel corso dell’ultima Conferenza dei Servizi.

Una simile decisione, di fatto, metterebbe in seria discussione il diritto alla frequenza scolastica degli alunni e delle alunne con disabilità, come già la scelta, da parte del Presidente della Provincia, di aumentare il carico orario quotidiano per chiudere le scuole il sabato.

La circolare in questione parte da un presupposto corretto: la presa in carico dei bisogni degli alunni e delle alunne disabili non è prerogativa dell’insegnante di sostegno, ma riguarda tutto l’ambiente scolastico. Un principio giusto e bello, che fa onore all’ordinamento giuridico italiano, ma che viene rispettato di rado. Questo accade per vari motivi: un insegnamento sempre più orientato alla prestazione, classi troppo numerose, la mancanza di una cultura dell’inclusione e di una specifica e diffusa formazione alla presa in carico dei bisogni speciali. Pensare, in una situazione di questo tipo, che quelle parti della normativa che non sono mai state applicate oppure sono applicate in modo molto variabile da una classe all’altra (a seconda dei docenti, degli alunni, delle famiglie) possano di punto in bianco diventare il pane quotidiano della scuola è inverosimile.

A conti fatti, l’indicazione ai dirigenti di non firmare i PEI che richiedano più di 18 ore di sostegno avrebbe il solo tragico effetto di limitare il diritto all’educazione e all’istruzione di tanti bambini e tanti ragazzi e delle loro famiglie. Il tutto in un contesto dove le persone disabili hanno difficoltà enormi a veder riconosciuto il loro diritto di spostarsi autonomamente in città piene di barriere o ad accedere ai servizi sanitari vedendo riconosciuta la complessità della loro situazione e potendo contare su corsie preferenziali e personale dedicato.
Che paese è un paese che non guarda ai suoi cittadini più fragili come alla sua parte più preziosa?

Gruppo consiliare e Direttivo di Buongiorno Livorno