Non ricordavo l’anno (il 1991) ma il giorno è indimenticabile: 10 aprile, il giorno del mio compleanno. Nel 1990 le colline livornesi che fiancheggiano la strada che porta al Savolano (estrema propaggine di Montenero) erano state distrutti da incendi appiccati per ben due volte. Il ricordo è di tristezza, tristezza per l’impotenza a fermare la follia dell’incendiario o incendiari che fossero. Ricordo il Canadair che volava a pelo d’acqua per fare il pieno d’acqua che avrebbe scaricato sulle colline in fiamme, ma i ricordi di un fatto di cronaca, pian piano svaniscano, si contraddicono, si gonfiano man mano che passano gli anni. Non ricordo cosa o come ho festeggiato il mio compleanno: forse una pizza con la mia prima moglie e con mio figlio, diciamo pure che le feste per il compleanno non sono mai state il mio forte.
La sera, credo fosse tiepida, passeggiavamo sul mare, zona Tre ponti, quando improvvisamente un grande fuoco all’orizzonte. “ Maledetti, hanno incendiato l’isola” ho esclamato perché il pensiero ero subito corso all’anno precedente. All’inizio non sembrava destare molto interesse. Sul moletto, il curioso di turno che chiede ai pescatori « Abboccano?» frase notoriamente malaugurante per il pescatore. Le cronache parleranno di una nebbia, alla quale è attribuito un ruolo fondamentale, che quella sera gravava nella zona del disastro. Personalmente posso dichiarare di non aver visto nessuna nebbia, ma agli atti processuali c’è una deposizione che riporto. «… …Conclusiva e risolvente in ordine alla presenza di nebbia oscurante la petroliera è infine la deposizione del mozzo Bertrand Alessio (cfr. verbale di udienza 31/10/1996) il quale (sine causa qualificato in un’arringa “losco personaggio”, cui può solo “imputarsi” di essere l’unico sopravvissuto e che non risulta proprio aver mai mentito) ha riferito di aver dopo l’impatto incontrato nel corridoio cabine passeggeri il timoniere Padula che gli disse: “c’era la nebbia e siamo andati contro un’altra nave”… »
La dinamica dell’incidente per i pochi che ancora non la conoscono è nota.
Alle ore 22:03 del 10 aprile 1991, il traghetto Moby Prince, in servizio di linea tra Livorno e Olbia, mollò gli ormeggi per la traversata. A bordo era presente l’intero equipaggio, formato da 65 persone agli ordini del Comandante Ugo Chessa e 75 passeggeri. Il traghetto, durante la percorrenza del cono di uscita del porto, colpì con la prua la petroliera Agip Abruzzo, penetrando all’interno della cisterna numero 7, contenente circa 2700 tonnellate di petrolio Iranian Light. Alle ore 22:25, il marconista di bordo lanciò il Mayday.
Parte del petrolio che fuoriuscì dalla cisterna n. 7 della petroliera Agip Abruzzo si riversò in mare, parte invece investì in pieno la prua del traghetto. A causa delle scintille prodotte dallo sfregamento delle lamiere delle due navi al momento dell’impatto, il petrolio prese rapidamente fuoco, incendiando il traghetto.
Non è mai stato stabilito quanto greggio si sia stato riversato sul Moby; secondo il consulente di parte civile nel processo, si trattò di una quantità compresa tra le 100 e le 300 tonnellate.
Le vicende tese a ricostruire cosa in realtà avvenne in quei momenti sono tante, contrastanti. Di certo, però, in questo percorso i falsi miti – poi sfatati – sono stati duri a morire. Per 23 anni.
Resta una lapide bianca dentro il porto di Livorno, con i nomi dei morti e il dolore che non passa mai dei parenti che ancora cercano una verità.
Alfredo Fagni
#BuongiornoLivorno