La definizione del concetto di CRISI INDUSTRIALE dal punto di vista giuridico e secondo un’interpretazione letterale dell’art. 27 del DL. 83/2012 sembra riferirsi solo all’attività industriale desumibile dalla nozione di imprenditore ex art 2195 del c.c. (attività industriale diretta alla produzione di beni o servizi).
Parte della dottrina, ritenendo che nell’intera area occidentale ci si trovi ad essere già in era post industriale, ritiene di dare al concetto di crisi industriale il significato più ampio di crisi dell’intera attività produttiva.
La crisi industriale potrebbe essere inquadrata nel più ampio concetto di crisi di SISTEMA politico socio economico e giuridico.
Per poter utilizzare il concetto di CRISI COMPLESSA occorre dimostrare l’esistenza di alcuni fondamentali presupposti o requisiti quali: la rilevanza nazionale della crisi, l’impossibilità di affrontarla con gli ordinari strumenti di funzionamento; la necessità di collaborazione permanente a tutti i livelli istituzionali.
L’art. 27 del DL 83/2013 tenta di dare un forte segno di discontinuità con il passato, sia rispetto al fondo degli incentivi finanziari (art. 23) sia al regime delle crisi industriali (art. 27)
La RILEVANZA NAZIONALE: tale concetto si lega a quello di interesse nazionale che prima della riforma del Titolo V della Cost. legittimava l’intervento in dettaglio dello Stato. Con il conferimento alle Regioni e agli altri Enti locali di tutte le funzioni amministrative, la materia industriale è diventata di competenza concorrente ed esclude pertanto l’adozione di provvedimenti statali privi dei meccanismi dell’intesa preventiva forte con la Regione.
L’art. 27 infatti si conforma al principio di sussidiarietà verticale (lo Stato interviene dove la crisi è di rilevanza nazionale) e attribuisce alla Regione gravi responsabilità sia in ordine alla selezione delle iniziative e delle aree da proporre, sia in merito la partecipazione anche finanziaria alle iniziative stesse.
Sia, infine, per la risoluzione delle crisi alternativamente affrontabili con strumenti e risorse solo regionali.
INCENTIVI FINANZIARI
Dal sistema a pioggia degli incentivi economici nato con la L. 646/1050 con cui si istituiva la c.d. cassa per il mezzogiorno, in cui gli incentivi venivano imposti a cascata dall’alto, nei nuovo sistemi l’asse dell’attività programmatoria è di fatto trasferita alle autonomie locali.
Le incentivazioni devono essere compatibili con la normativa comunitaria e con il mercato comune: si prevede con il D.M. 747/07 che le agevolazioni concesse non possano essere cumulate con altri aiuti di stato ai sensi del Trattato UE né con altre misure di finanziamento comunitario o nazionale, qualora diano luogo a un’intensità di aiuto superiore a quella fissata dalla carta degli aiuti di stato a finalità regionale.
Il punto di arrivo della disciplina si trova nel DL 83/2013, art. 23 “Fondo per la crescita sostenibile”.
Tale fondo dovrebbe servire oltre che al rilancio delle aree in crisi, anche per la promozione di progetti di ricerca, sviluppo, innovazione strategica e per la promozione della presenza internazionale delle imprese e attrazione degli investimenti esteri.
Gli obiettivi e le priorità del fondo possono essere periodicamente aggiornati con decreto interministeriale emesso dal Ministero dell’economia e dal MISE.
IL DM ha indicato le priorità, le forme e l’intensità massime di aiuto concedibili nell’ambito del Fondo con rinvio generico all’art. 7 del Dlgs 123/1998: sono interventi ammissibili tutti i tipi di agevolazioni quali finanziamento agevolato, concessione di garanzia, contributo in conto capitale, in conto interessi e c.d. bonus fiscale (resta fuori invece il credito d’imposta).
La procedura di concessione di aiuti pubblici deve essere attivata con:
- Bando
- Direttiva del MISE
Pertanto la disciplina del finanziamento dei progetti di rilancio delle situazioni di crisi industriale complessa si scinde in due grandi fattispecie:
- Iniziative collegate al Piano di Promozione Industriale transitato attraverso la L. 181/1989 per il quale il DM 747/07 prevede il divieto di cumulo con altri aiuti di Stato ai sensi del Trattato UE né con altri aiuti comunitari e nazionali se il cumulo supera un’intensità di aiuto superiore a quello fissato dalla carta degli aiuti di stato a finalità Regionale 2014/2020. Sono disciplinate dal DM 25 gennaio 2010
- Nuove iniziative di finanziamento dei PRRI per le quali in base al DM 8 marzo 2013 dovrebbe adottarsi la cd procedura negoziata di cui al DPR 123/1998. Tale procedura è preceduta da vere e proprie gare pubbliche per l’attribuzione del finanziamento o quantomeno da direttive che impongono o specificano presupposti, requisiti, condizioni soggettive e oggettive per ottenere il finanziamento. Il MISE deve garantire idonea pubblicità ai bandi e direttive ex art.23 del DL 83/2013 e al DM 8/3/2013.
Per l’individuazione delle risorse finanziare da mettere a disposizione per l’attuazione del PRRI si deve tener presente la natura di partenariato pubblico-privato dell’Accordo di Programma: abbiamo risorse finanziarie pubbliche messe a disposizione da tutte le Amministrazioni partecipanti all’accordo di Programma che, pur mantenendo proprie forme di posta in bilancio, erogazione e controllo, confluiscono idealmente in un unico pacchetto di finanziamento.
L’art. 23 del DL.83/2012 fissa il limite massimo del 75% al contributo statale.
Per evitare duplicazioni di stanziamento l’art. 27 del DL 83/2012 dispone che le risorse destinate ai finanziamenti in base alla L. 181/1989 affluiscono all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate nel medesimo importo con decreti del MEF su richiesta del MISE a apposito capitolo dello stato di previsione del MISE per la successiva assegnazione a Fondo per la crescita sostenibile.
LA NUOVA DISCIPLINA (DL 83/2012)
Si passa da una visione soggettiva delle aree di crisi industriali complessa della L. 99/2009 ad una concezione oggettiva e contenutistica.
Occorre tuttavia anche un presupposto generale, cioè lo specifico territorio soggetto a recessione economica e perdita occupazionale di rilevanza nazionale che deriva da uno dei requisiti sopra descritti.
Lo strumento cui è affidato il programma è costituito dai c.d. PROGETTI di riconversione e riqualificazione industriale (PRRI).
I progetti devono promuovere (sia con il cofinanziamento regionale che con tutti i regimi d’aiuto disponibili)
- La riqualificazione delle aree interessate
- La riconversione delle aree industriali dismesse
- La realizzazione delle infrastrutture strettamente funzionali agli interventi
- Il recupero ambientale e l’efficientamento energetico dei siti
- La formazione del capitale umano
Lo strumento prescelto per l’implementazione dei progetti è l’ACCORDO DI PROGRAMMA.
PRESUPPOSTI:
- Situazioni del territorio soggetto a recessione economica e perdita occupazionale di rilevanza nazionale: l’accertamento tecnico di questa situazione deve precedere quello politico-amministrativo e deve basarsi su indicatori oggettivi. L’effettiva individuazione della rilevanza e l’efficacia dell’individuazione si ha solo nello specifico progetto e nella sua approvazione tramite accordo di programma.
- Assenza di situazioni di crisi risolvibili con risorse e strumenti di competenza regionale
I REQUISITI della situazione di crisi industriale complessa consistono in una fattispecie alternativa costituita da:
- Una crisi di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull’indotto: sono escluse tutte le micro crisi riguardanti le p.m.i.
- Una grave crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione sul territorio: la crisi deve essere grave cioè tale da produrre se non affrontata una situazione di irreversibilità. Il settore industriale deve essere specifico tra quelli ammessi agli aiuti comunitari e nazionali secondo la carta degli aiuti con finalità Regionale 2006/13 (esclusi i conglomerati industriali; ammessi i settori industriali a ciclo integrato). Infine il settore industriale deve avere alta specializzazione nel territorio 8produzioni localizzate).
Il concetto di SVILUPPO SOSTENIBILE, che trova il suo equivalente finanziario nel concetto di debito sostenibili non consente di agevolare indiscriminatamente tutti i progetti e i programmi che dimostrino una più o meno asserita situazione di crisi industriale complessa.
La capacità o meno di scegliere gli obiettivi strategici e nella rinuncia alla consueta opera di mediazione politica risiede il fattore determinante della vittoria o sconfitta della complessiva operazione a livello nazionale.
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO PER IL RICONOSCIMENTO DELLA SITUAZIONE DI CRISI COMPLESSA
Il procedimento si apre con l’istanza della Regione. Prosegue con l’attività conoscitiva (istruttoria) per l’acquisizione dei fatti rilevanti, l’accertamento della rilevanza nazionale, dei presupposti e requisiti richiesti.
Si chiude con il provvedimento di riconosci mento che funziona da presupposto per la redazione di specifici progetti di riconversione e riqualificazione industriale sottoposti ad approvazione tramite accordo di programma.
I PROGETTI
I progetti di riconversione e riqualificazione industriale sono progetti tecnico-economici.
Occorre distinguere le operazioni riguardanti progetti di tipo industriale (cioè attinenti ai tipi, processi e ai beni della produzione industriale) e progetti di riconversione produttiva (es recupero di aree industriali dismesse).
La normativa conferma che la riconversione industriale in senso stretto (il passaggio da un tipo a un altro di produzione industriale) e la riqualificazione industriale (adozione di processi produttivi che migliorano lo stesso tipo di produzione aumentandone la qualità) sono un obiettivo ipotetico autorizzabile solo mediante l’adozione del piano di promozione industriale ex L. 181/1989.
Essi sono possibili solo dove dimostrino che i risultati saranno avvertiti sul piano nazionale e internazionale ovvero che abbiano la capacità concreta di attrarre investimenti.
SETTORI
I progetti devono:
- Promuovere investimenti produttivi anche a carattere innovativo: si tratta di qualsiasi settore e processo di produzione (industria, commercio, artigianato, professioni)
- Promuovere la riqualificazione delle aree interessate e dunque la produttività in termini generali dell’area interessate attraverso il mutamento di destinazione e utilizzazione dell’area stessa. Si può trattare anche di aree anche mai destinate all’industria in precedenza, ma comunque degradate.
- Occuparsi della riconversione delle aree industriali dismesse: si tratta di ideare un modello urbanistico-ambientale del tutto diverso che può spaziare dall’edilizia residenziale, turistica, commerciale, direzionale, alla progettazione di attività turistiche, culturali, sportive, etc.
- Occuparsi della promozione del recupero ambientale: si ritiene che il legislatore abbia preso in considerazione la nozione di recupero ambientale in senso stretto (restoration). Alcuni invece vi ricomprendono tra gli interventi di recupero ambientale anche la bonifica e il risanamento ambientale dei siti contaminati.
- Promozione dell’efficientamento energetico: green economy, appalti verdi, Libro Verde, etc.
- Formazione del capitale umano: interpretazione stretta legata solo all’attuazione progetto (formazione di esperti in materia di recupero urbano o ambientale) oppure in senso lato come strumento per risolvere la crisi.
- Promozione delle infrastrutture strettamente funzionali al progetto: si rovescia la logica del passato secondo la quale tutto partiva dall’intervento infrastrutturale.
NATURA GIURIDICA DEI PROGETTI
I progetti sono una fattispecie complessa composta da elementi economici – finanziari e elementi tecnico-amministrativi:
- Sono piani di investimento finanziario: il loro scopo principale è l’investimento produttivo mediante cofinanziamento e con tutti gli aiuti disponibili
- sono documenti tecnico – amministrativi collegati a forme di programmazione territoriale approvate con accordi di programma
Le opere e gli impianti compresi nel progetto sono dichiarati ex lege di pubblica utilità, urgenti e indifferibili.
Il progetto è il cuore dell’accordo di programma.
L’accordo di programma è il progetto arricchito dei seguenti elementi:
- interventi agevolativi ammissibili
- modalità di esecuzione degli interventi
- verifica dello stato di attuazione e rispetto delle condizioni fissate
Se fallisce il progetto ha fallito l’accordo di programma con responsabilità anche di tipo ERARIALE per chi lo ha adottato, trattandosi in gran parte dell’impiego di fondi pubblici, comunitari, nazionali, regionali e locali.
L’essenza dei progetti deve essere riconosciuta nella qualità di progetti di promozione economico-sociale che li riporta alle finalità di indirizzo ai fini sociali della programmazione economica del purtroppo dimenticato art. 41 comma 3 della Costituzione, ma in una logica di consenso, partecipazione e sussidiarietà/solidarietà.
L’Accordo di Programma dovrebbe essere impostato sulla fattiva collaborazione tra portatori pubblici di interessi soggettivamente pubblici (le pubbliche amministrazioni) ma anche esponenziali di interessi generali della collettività, portatori di interessi privati (le imprese che si trovano in crisi), portatori di interessi collettivi omogenei (la popolazione interessata a uscire dalla crisi che non sono solo i lavoratori delle industrie in crisi, ma tutto il tessuto sociale e politico del territorio preso in considerazione).
Potremo definire l’accordo di programma come un istituto della emergenza economico sociale di rilevanza nazionale.
APPLICAZIONE CONCRETA DEI PROGETTI DI RICONVERSIONE E RIQUALIFICAZIONE
In data 31.1.2013 il MISE ha emanato il DM non avente valore regolamentare previsto ex art. 27 comma 8, con il quale ha:
- disciplinato le modalità di individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa
- determinato i criteri per la definizione e l’attuazione dei progetti di riconversione e riqualificazione
- impartito le opportune direttive all’Agenzia Nazionale per l’attrazione degli Investimenti (Invitalia S.p.a.), prevedendo la priorità di accesso agli interventi di propria competenza
Il MISE qui sottolinea di nuovo i presupposti e requisiti già esposti e ribadisce il requisito della rilevanza nazionale sia della crisi sia degli strumenti necessari per risolverla.
Il DM individua la rilevanza nazionale della crisi, affermando che la crisi industriale complessa ha un impatto sula politica industriale nazionale nelle situazioni in cui settori industriali con eccesso di capacità produttiva (rispetto al trend della domanda nazionale o internazionale) o con squilibrio strutturale di costi di produzione (costo del lavoro, della previdenza e assistenza, delle merci, etc) necessitano di un processo di riconversione in linea con gli indirizzi comunitari e nazionali in materia di politica industriale.
Tali situazioni possono sussistere anche disgiuntamente relativamente a settori industriali che necessitano di un processo di riqualificazione produttiva per perseguire un riequilibrio tra attività industriale e tutela della salute e dell’ambiente. Qui la ragione della crisi sta nel disallineamento tra concetto di protezione della salute, dell’ambiente e crescita sostenibile.
FASI DEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO
- istanza della Regione: la fase di iniziativa si apre con delibera della giunta regionale contenente l’istanza di riconoscimento della situazione di crisi industriale complessa. L’istanza deve contenere a pena di improcedibilità:
- descrizione dei fattori di complessità della crisi in termini di significatività sulla politica industriale nazionale
- descrizione della crisi (di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull’indotto, oppure della grave crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione sul territorio)
- individuazione e descrizione dei territori interessati dalla crisi con riferimento a parametri statistici del sistema locale di lavoro in rapporto con quelli della regione
- analisi della dinamica e della incidenza del settore si specializzazione produttiva del sistema locale di lavoro sul sistema nazionale di riferimento
- analisi dell’incidenza economica del sistema locale di lavoro a livello provinciale, Regionale e nazionale
- la proposta di massima dei contenuti del Progetto di Riconversione e Riqualificazione Industriale (PRRI) in merito alla riqualificazione produttiva del comparto interessato dalla crisi ovvero alla sua riconversione in attività alternative nel rispetto degli indirizzi di politica industriale nazionale; in relazione alla strumentazione Regionale attivabile, con particolare riferimento agli interventi di natura non rotativa cofinanziate dall’UE o con risorse proprie
- misure di politica attiva del lavoro proposte
- individuazione del Referente della regione per definizione e attuazione del PRRI
L’alto contenuto tecnico dell’istanza non consente alla Regione scappatoie di natura politica e costringe il MISE a un’istruttoria tecnica altrettanto vincolata.
La presentazione o meno dell’istanza risiede nella volontà regionale che potrebbe comunque subire pressioni dalle imprese coinvolte nella crisi che potrebbero fare formale domanda affinché la Regione invii l’istanza. Se la domanda dei privati fosse corredata di tutti gli elementi tecnici sopra indicati la Regione si vedrebbe costretta ad agire, per non rischiare di dover rifondere i danni causati dal ritardo a dal mancato accesso ai fondi della crescita sostenibile.
- Fase dell’istruttoria: si compone di due segmenti e si prevede duri al massimo 30 gg dalla ricezione dell’istanza regionale
- Parere della Struttura per le Crisi di Impresa.
- Istruttoria di competenza della Direzione Generale per la politica industriale e la Competitività (DGPIC)
- Fase di decisione: a seguito di istruttoria positiva il MISE riconosce la crisi con decreto e istituisce un Gruppo di coordinamento e controllo (membri del DGPIC, Regione, Ministero del Lavoro, Amministrazioni interessate) con il compito di coadiuvare nella definizione e realizzazione del PRRI.
- Fase di integrazione dell’efficacia: comunicazione del decreto al Presidente della regione e pubblicazione in G.U. e Bollettino Ufficiale della Regione.
- Approvazione del PRRI:
- Prima Fase di definizione del Progetto: lo studio di fattibilità del progetto (proposta di massima dei contenuti) rientra nei compiti della Regione che trasmette l’istanza. In relazione agli obiettivi tecnici e strategici il PRRI deve contenere:
- fabbisogni di riqualificazione del comparto/i interessati dalla crisi
- settori produttivi verso i quali indirizzare la riconversione delle arre di crisi
- azioni da intraprendere per riqualificazione/riconversione, per la promozione degli investimenti, per il sostegno della ricerca industriale e sviluppo sperimentale, allocazione addetti in esubero, realizzazione opere infrastrutturali
- strumentazione e risorse finanziarie regionali e nazionali attivabili
- eventuali proposte normative e amministrative funzionali alle proposte
- modalità attuative del PRRI
L’approvazione del progetto di massima del PRRI corrisponde all’approvazione di un documento che costituisce parte integrante del provvedimento di riconoscimento della situazione di crisi.
Dal momento in cui il MISE riconosce con decreto la crisi complessa definisce con la Regione gli obiettivi strategici e, previa autorizzazione del Gruppo di Coordinamento del LMISE, affida a Invitalia S.p.A. l’incarico di elaborare entro 3 mesi una proposta di PRRI da presentare al Gruppo di coordinamento.
Invitalia individua i contenuti tecnico-economici del progetto, i soggetti da coinvolgere nell’accordo do programma, proposte e atti normativi e amministrativi, finanziamenti e azioni imprenditoriali strategiche
Con Invitalia può collaborare il c.d. sponsor di progetto (dovrebbe trattarsi di una figura di estrema eccellenza in grado di attrarre investimenti o delineare percorsi.
- Invitalia entro 5 mesi dall’approvazione apre la seconda fase della procedura di approvazione del PRRI attraverso la promozione e individuazione delle proposte di investimento che possono essere raccolte anche con procedura di evidenza pubblica (appalto di servizio finanziario).
Ogni proposta di investimento deve essere vincolata e condizionata esclusivamente alla realizzazione del PRRI, deve fornire l’indicazione dei tempi e dei costi di realizzazione, dei benefici attesi e dell’ipotesi di copertura finanziaria.
Su questa proposta di Invitalia il Gruppo di coordinamento deve dare il parere tecnico economico.
Novità: trascorsi 9 mesi dal DM di riconoscimento della situazione di crisi senza che sia intervenuta la definizione del PRRI il DM decade automaticamente.
La seconda fase termina con la sottoscrizione dell’ACCORDO DI PROGRAMMA:
- viene adottato e attuato il PRRI;
- viene incaricata Invitalia dell’attuazione del PRRI
- viene individuata l’area in cui si applica il piano di Promozione Industriale (L. 181/89: si riduce a strumento di attuazione del PRRI))
- viene dato a soggetti delegati il potere di manifestare la volontà nelle conferenze dei servizi per provvedimenti amministrativi funzionali al progetto
- viene fissata la durata del PRRI che non può superare 3 anni (salvo proroga motivata)
- viene dichiarata la pubblica utilità indifferibilità e urgenza dei lavori, opere infrastrutture necessarie al PRRI
GLI STRUMENTI DI DIRITTO DEL LAVORO
La salvaguardia occupazionale nelle aree in crisi industriale complessa è una della scelte politiche fondamentali del legislatore italiano.
Tale scelta ha portato ad influenzare la stessa decisione di difendere a tutti i costi la continuità della produzione industriale delle aree in crisi o quanto meno la loro reindustrializzazione.
Non potendo tale situazione proseguire all’infinito anche a causa della situazione del debito pubblico e dei vincoli di bilancio e spesa pubblica imposti dai Patti di stabilità e dal Trattato Europeo di stabilità del 2012, si è sviluppata la concertazione tra MISE e ministero del Lavoro per il ricollocamento professionale dei lavoratori interessati dalla crisi.
Tali misure vengono adottate con DM del MISE, previa concertazione con le Organizzazioni sindacali.
Si annota il ruolo della regione tramite i fondi Paritetici Interprofessionali ex L. 388/2000 art. 118.
PROFILI DI DIRITTO DEL RISCHIO AMBIENTALE
L’art. 27 comma 4 del DL 83/2012 dispone che “resta ferma la vigente normativa in materia di interventi di bonifica e risanamento ambientale dei siti contaminati”: non si occupa specificamente delle misure di tutela ambientale che devono essere tenute presenti nel corso di approvazione del PRRI.
Tuttavia è evidente che nella maggioranza di casi queste devono essere contestualmente approvate: sia perché le localizzazioni di impianti industriali per definizione sono inquinanti (dando luogo spesso a siti industriali di interesse nazionale di cui al DM 18/9/2001 n, 468), sia perché gli stessi PRRI possono consistere in Progetti di recupero Ambientale (PRAI, in Progetti di Riqualificazione delle Aree Interessate (PRAI) sia in progetti di Efficientamento energetico (PEE).
L’art. 27 comma 4 detta tuttavia due sole previsioni di massima:
- “resta ferma la vigente normativa in materia di interventi di bonifica e risanamento ambientale dei siti contaminati”
- Le conferenze di servizi strumentali del progetto sono indette dal MISE ai sensi della L. 241/1990 e pertanto hanno competenza anche in materia ambientale.
Infine, dal momento che le opere e gli impianti (comprese le opere infrastrutturali funzionali al progetto) previsti dai PRRI sono dichiarati di pubblica utilità, urgenti e indifferibili, costituiscono progetti di lavori/opere pubbliche sottoposti alle procedure di valutazione ambientale (VAS, VAI, VIA) sia per il Codice dell’Ambiente (D lgs 152/06) che per il Codice dei contratti (D.lgs. 163/2006).
La dottrina maggioritaria ritiene che le valutazioni debbano essere fatte a monte dell’Accordo, per garantirne la tempestiva applicazione, proprio in sede di Conferenza dei servizi.
Da ricordare che molti Accordi di programma sono stati stipulati in passato con la specifica finalità ambientale (per il risanamento di aree industriali dismesse) ed hanno costituito una forma di regolamentazione concordata di tutti gli interesse pubblici e privati coinvolti.
L’interesse pubblico alla bonifica e al risanamento dei siti inquinati ha la precedenza su quello alla riqualificazione e riconversione industriale come dimostra l’autolimitazione prevista nell’art. 27 comma 4 (ferma restando la vigente normativa in materia di interventi di bonifica e risanamento ambientale dei siti contaminati).
L’applicazione dell’art. 252 bis del codice dell’ambiente contestualizza quanto previsto dall’art. 27:
ART. 252 bis d.lgs 152/06 Siti di preminente interesse pubblico per la riconversione
1. Con uno o più decreti del Ministro per lo sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sono individuati i siti di interesse pubblico ai fini dell’attuazione di programmi ed interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico produttivo, contaminati da eventi antecedenti al 30 aprile 2006, anche non compresi nel Programma Nazionale di bonifica di cui al decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468 e successive modifiche ed integrazioni, nonché il termine, compreso fra novanta e trecentosessanta giorni, per la conclusione delle conferenze di servizi di cui al comma 5. In tali siti sono attuati progetti di riparazione dei terreni e delle acque contaminate assieme ad interventi mirati allo sviluppo economico produttivo. Nei siti con aree demaniali e acque di falda contaminate tali progetti sono elaborati ed approvati, entro dodici mesi dall’adozione del decreto di cui al presente comma, con appositi accordi di programma stipulati tra i soggetti interessati, i Ministri per lo sviluppo economico, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute e il Presidente della Regione territorialmente competente, sentiti il Presidente della Provincia e il Sindaco del Comune territorialmente competenti. Gli interventi di riparazione sono approvati in deroga alle procedure di bonifica di cui alla parte IV del titolo V del presente decreto.
2. Gli oneri connessi alla messa in sicurezza e alla bonifica nonché quelli conseguenti all’accertamento di ulteriori danni ambientali sono a carico del soggetto responsabile della contaminazione, qualora sia individuato, esistente e solvibile. Il proprietario del sito contaminato è obbligato in via sussidiaria previa escussione del soggetto responsabile dell’inquinamento.
3. Gli accordi di programma assicurano il coordinamento delle azioni per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso e funzionale adempimento per l’attuazione dei programmi di cui al comma 1 e disciplinano in particolare:
a) gli obiettivi di reindustrializzazione e di sviluppo economico produttivo e il piano economico finanziario degli investimenti da parte di ciascuno dei proprietari delle aree comprese nel sito contaminato al fine di conseguire detti obiettivi;
b) il coordinamento delle risultanze delle caratterizzazioni eseguite e di quelle che si intendono svolgere;
c) gli obiettivi degli interventi di bonifica e riparazione, i relativi obblighi dei responsabili della contaminazione e del proprietario del sito, l’eventuale costituzione di consorzi pubblici o a partecipazione mista per l’attuazione di tali obblighi nonché le iniziative e le azioni che le pubbliche amministrazioni si impegnano ad assumere ed a finanziare;
d) la quantificazione degli effetti temporanei in termini di perdita di risorse e servizi causati dall’inquinamento delle acque;
e) le azioni idonee a compensare le perdite temporanee di risorse e servizi, sulla base dell’Allegato II della direttiva 2004/35/CE; a tal fine sono preferite le misure di miglioramento della sostenibilità ambientale degli impianti esistenti, sotto il profilo del miglioramento tecnologico produttivo e dell’implementazione dell’efficacia dei sistemi di depurazione e abbattimento delle emissioni.
f) la prestazione di idonee garanzie finanziarie da parte dei privati per assicurare l’adempimento degli impegni assunti;
g) l’eventuale finanziamento di attività di ricerca e di sperimentazione di tecniche e metodologie finalizzate al trattamento delle matrici ambientali contaminate e all’abbattimento delle concentrazioni di contaminazione, nonché ai sistemi di misurazione e analisi delle sostanze contaminanti e di monitoraggio della qualità ecologica del sito;
h) le modalità di monitoraggio per il controllo dell’adempimento degli impegni assunti e della realizzazione dei progetti.
4. La stipula dell’accordo di programma costituisce riconoscimento dell’interesse pubblico generale alla realizzazione degli impianti, delle opere e di ogni altro intervento connesso e funzionale agli obiettivi di risanamento e di sviluppo economico e produttivo.
5. I provvedimenti relativi agli interventi di cui al comma 3 sono approvati ai sensi del comma 6 previo svolgimento di due conferenze di servizi, aventi ad oggetto rispettivamente l’intervento di bonifica e l’intervento di reindustrializzazione. La conferenza di servizi relativa all’intervento di bonifica è indetta dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che costituisce l’amministrazione procedente. La conferenza di servizi relativa all’intervento di reindustrializzazione è indetta dal Ministero dello sviluppo economico, che costituisce l’amministrazione procedente. Le due conferenze di servizi sono indette ai sensi dell’articolo 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e ad esse partecipano i soggetti pubblici coinvolti nell’accordo di programma di cui al comma 1 e i soggetti privati proponenti le opere e gli interventi nei siti di cui al medesimo comma 1. L’assenso espresso dai rappresentanti degli enti locali, sulla base delle determinazioni a provvedere degli organi competenti, sostituisce ogni atto di pertinenza degli enti medesimi. Alle conferenze dei servizi sono ammessi gli enti, le associazioni e le organizzazioni sindacali interessati alla realizzazione del programma.
6. Fatta salva l’applicazione delle norme in materia di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione ambientale integrata, all’esito delle due conferenze di servizi, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la regione interessata, si autorizzano la bonifica e la eventuale messa in sicurezza nonché la costruzione e l’esercizio degli impianti e delle opere annesse
7. In considerazione delle finalità di tutela e ripristino ambientale perseguite dal presente articolo, l’attuazione da parte dei privati degli impegni assunti con l’accordo di programma costituisce anche attuazione degli obblighi di cui alla direttiva 2004/35/CE e delle relative disposizioni di attuazione di cui alla parte VI del presente decreto.
8. Gli obiettivi di bonifica dei suoli e delle acque sono stabiliti dalla Tabella I dell’Allegato 5 al titolo V del presente decreto. Qualora il progetto preliminare dimostri che tali limiti non possono essere raggiunti nonostante l’applicazione, secondo i principi della normativa comunitaria, delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili, la Conferenza di Servizi indetta dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare può autorizzare interventi di bonifica e ripristino ambientale con misure di sicurezza che garantiscano, comunque, la tutela ambientale e sanitaria anche se i valori di concentrazione residui previsti nel sito risultano superiori a quelli stabiliti dalla Tabella I dell’Allegato 5 al titolo V del presente decreto. Tali valori di concentrazione residui sono determinati in base ad una metodologia di analisi di rischio riconosciuta a livello internazionale.
9. In caso di mancata partecipazione all’accordo di programma di cui al comma 1 di uno o più responsabili della contaminazione, gli interventi sono progettati ed effettuati d’ufficio dalle amministrazioni che hanno diritto di rivalsa nei confronti dei soggetti che hanno determinato l’inquinamento, ciascuno per la parte di competenza. La presente disposizione si applica anche qualora il responsabile della contaminazione non adempia a tutte le obbligazioni assunte in base all’accordo di programma. 10. Restano ferme la titolarità del procedimento di bonifica e le altre competenze attribuite alle Regioni per i siti contaminati che non rientrano fra quelli di interesse nazionale di cui all’articolo 252.
CONCLUSIONI
L’intera fattispecie complessa disciplinata dall’art. 27 del DL 83/2012 e in particolare l’Accordo di Programma è inquadrabile nell’istituto del partenariato pubblico-privato.
Non è paragonabile alla natura degli accordi di programma previsti dal TUEL, in quanto del DL 83/2012 il coinvolgimento del sistema produttivo ovvero della singola impresa in crisi è essenziale, sia dal punto di vista strategico che economico-finanziario.
L’accordo di programma non è paragonabile neanche agli istituti di programmazione negoziata perché in questo caso la relazione pubblico-privata rimaneva funzionale alla realizzazione di pubblici interessi sotto la direzione di organi istituzionali.
In questo caso invece l’interesse pubblico è di natura collettiva e risponde più all’evidenziazione di un rapporto di esponenzialità degli interessi economici e sociali in crisi di un determinato territorio che ad un rapporto di mera rappresentanza politica.
Non si tratta di sussidiarietà orizzontale (caso in cui il privato sopperisce alla debolezza finanziaria e progettuale dell’istituzione pubblica in un quadro di sostanziale scambio di interessi): qui la crisi coinvolge prettamente il soggetto privato (a meno che non si tratti di industria pubblica), che non può più essere semplicemente salvato ma deve collaborare attivamente con il pubblico potere.
Si tratta di una nuova fattispecie negoziale nella quale vi è necessità di un progetto solidaristico che se fallisce colpisce sì la struttura produttiva in crisi ma anche lo stesso pubblico potere e tutta la collettività, considerato che l’intero sistema di finanziamento si regge sul prelievo tributario e contributivo.
La disciplina introdotta dal DL 83/2012 è un segnale di discontinuità rispetto al precedente regime che continuava purtroppo a finanziare indiscriminatamente tutte le situazioni che per via giuridica o principalmente politica potessero essere dichiarate come crisi industriali complesse.
A questa coraggiosa scelta politica non e seguita una strumentazione giuridico amministrativa realmente innovativa.
Si ha l’impressione che anche la vicenda delle crisi industriali complesse si inquadri in una situazione giuridica, oltre che economica, di stagnazione del mercato, in cui manca la lucidità della classe politica nazionale e regionale di innovare decisamente la semplificazione delle procedure.
A cura di Valentina Barale, gruppo Norme e Regolamenti di #BuongiornoLivorno
Materiali: Presentazione sull’Area di crisi industriale complessa