La democrazia e la speranza hanno battuto la paura!


Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia. Qui ad Atene noi facciamo così. (Pericle – Discorso agli Ateniesi, 461 a.C. )

L’Europa della Troika e delle grandi oligarchie che pretendevano di aver marginalizzato se non espulso la politica intesa come autonoma capacità di scelta si ritrova a fare i conti con un governo che rispetta il mandato ricevuto dai propri elettori. Una lezione per chi da tempo ritiene secondari se non irrilevanti i principi della democrazia rapprentativa e sanciti dalle varie Costituzioni, subordinati alle politiche e alle scelte predeterminate dal sistema economico.

E’ stato possibile in un paese, la Grecia, dove l’attuale governo si fonda su un’esperienza politica straordinaria, per certi versi unica, sia per le capacità e le qualità di un leader come Tsipras che per i programmi e per le esperienze concrete messe in campo da Syriza prima del successo elettorale.

La questione greca non riguarda solo la Grecia: è piuttosto l’epicentro di un conflitto fra due strategie diametralmente opposte riguardanti il futuro dell’unificazione europea e il modello stesso d’ Europa. La prima strategia, quella impersonificata da Tsipras, si propone di approfondire l’unificazione europea nel contesto di uguaglianza e solidarietà fra i popoli e cittadini.

La seconda strategia, quella portata avanti dalla Troika, si propone la spaccatura e la divisione della zona euro, e quindi dell’Unione Europea. Il primo passo per questo obiettivo consiste nel creare una zona euro a due velocità, senza curare il deficit di democrazia e di legittimità col quale convive da tempo.

La vittoria del No al referendum è solo un possibile argine. Ma dopo la vittoria di Syriza e di Tsipras a gennaio alle elezioni adesso dal paese ellenico arriva una nuova speranza e un monito per tutti gli altri paesi europei e per tutti i governanti e potenti, sempre più distanti e non rappresentativi dei popoli. Il referendum ci ha ricordato a chi appartiene la sovranità popolare e i vincoli di ogni governante: il ricorso alla volontà popolare dovrebbe essere uno dei fondamenti delle tradizioni europee.

Perchè il risultato è chiaro: la vittoria del NO non significa rottura con l’Europa, ma un ritorno all’Europa dei valori. E’ un NO alle logiche autoritarie, di pochi che disprezzano le regole democratiche e che vogliono un’Europa tenuta insieme dal FMI e basata sulle diseguaglianze. Sono questi che tradiscono quotidianamente il sogno di un’Europa solidale fra Stati con una politica comune che abbia i diritti sociali come fondamenta.

E’ un No a difesa dello Stato Sociale che, nell’attuale contesto di attacco neoliberista, significa portare avanti profonde cesure con il potere dei mercati.

La Grecia può avere un ruolo di apripista: non è l’unico paese che si è radicalizzato per le politiche sbagliate ed inique. La Spagna, con il possibile successo di Podemos alle prossime elezioni politiche e dopo i recenti successi alle amministrative, potrebbe dare maggiore vigore per alimentare un modello per le forze anti-sistema in tutto il continente.

Anche l’Italia potrebbe e dovrebbe essere terreno fertile per una rivoluzione culturale già in atto dove il mercato e gli interessi finanziari-economici inizino a perdere la supremazia e la centralità, a vantaggio della solidarietà e della giustizia sociale per una vera Europa dei Popoli.

Solo così salveremmo anche la democrazia e i suoi principi e potremmo alimentare la necessità e la speranza della riapertura di una fase costituente europea.

Stefano Romboli – Presidente Buongiorno Livorno