L’economia dei distretti è oggi l’elemento chiave per accordare una convivenza tra persone e lavoro.
Nel distretto produttivo le aziende trovano una serie di vantaggi ad insediarsi sotto diversi punti di vista.
Così come è accaduto a Livorno in passato relativamente alla fase industriale − che oggi vediamo crollare a più riprese − per il futuro, al centro della politica locale deve esserci la riprogrammazione di un Distretto Economico Locale che abbia la capacità di funzionare almeno per alcuni decenni in un mondo in cui i cambiamenti avvengono molto più rapidamente rispetto al passato.
Premesso questo passiamo a definire positivamente cosa vorremmo per dare al gruppo lavoro di BL degli stimoli e per vedere se nel dibattito politico locale si riusciranno a cogliere i veri nodi cruciali dello sviluppo locale senza avvitarsi rovinosamente solo sulle emergenze, trattandole in sé in maniera molto miope.
Partiamo dal rapporto di forza vero su cui Livorno è inserito come ex distretto industriale, il rapporto con la realtà di governance europea dei suoi mercati regolati e dei suoi regolatori. L’esempio concreto è Livorno nella rete dei trasporti europei c.d. ten-T di cui diamo subito un’immagine:
L’importanza europea di Livorno al momento è questa se non anche come popolazione fiscalmente contribuente in minima parte del sistema Italia e indirettamente del sistema Europa. Quindi in prima battuta Livorno non ha valenza di distretto industriale produttivo ma di nodo logistico, al quale si legano processi aggregativi di realtà di servizio e quindi il classico indotto. La strutturazione del nuovo Porto andrà a svolgere un ruolo di infrastruttura di nodo. Livorno è un nodo logistico di merci ma da alcuni anni è anche un nodo logistico per le persone che transitano per scopi turistici.Livorno inoltre ha delle eccellenze aziendali in campo internazionale che però non sono inserite in un distretto produttivo e il settore in cui operano difficilmente ne richiederebbe l’istallazione a Livorno essendo esse collegate a settori specifici.
Finita la ricognizione delle attività di livello internazionale scendiamo sul piano locale, fatto di economie legate ai fabbisogni della comunità livornese dove si scambiano e si usano beni di diversa natura per il soddisfacimento dei bisogni di tutti.
Come sappiamo tutti la crisi economico-finanziaria ha coinvolto entrambi i piani dell’economia, portando effetti diretti all’interno della vita economico e sociale della città il cui livello reddituale pro capite era già abbastanza modesto da alcuni decenni. Questo chiaramente era un dato aggregato da considerare in relazione al distretto produttivo che Livorno era precedentemente, quindi non si ha la certezza che il distretto riesca a redistribuire ricchezza a tutti sempre, ma siamo certi che senza distretto la disoccupazione continuerà ad avanzare in maniera vertiginosa, come l’Istat ha rilevato e la mobilità verso l’esterno di intere famiglie sarà sempre di più la prima risposta razionale.
Invertire il corso della de-industrializzazione è fondamentale?
Questa è la prima domanda a cui rispondere perché non è così semplice invertire un corso storico specialmente se la domanda sulle opportunità di farlo non ce la facciamo all’inizio.
Quindi il perché lo facciamo è la domanda nella domanda, il motivo fondamentale del restare trovando occupazione in un momento in cui l’offerta di lavoro si riduce sempre più.
Le risposte sono culturali legate al legame familiare e alle varie emergenze familiari dovute all’invecchiamento dei genitori e ai rapporti con i figli.
Seconda motivazione è data dal fatto che Livorno è una città in una fascia climatica temperata dove i vantaggi non sono pochi poiché tale fascia in sé comporta dei vantaggi immediati sull’economia locale stessa.
Se si decide di restare ed invertire il corso della deindustrializzazione a Livorno la seconda domanda sarà “quale distretto industriale produttivo”* è possibile e compatibile con la vita dei suoi abitanti in una logica di efficienza economica non separabile dalla qualità ambientale, cercando di assicurare che le condizioni sanitarie non siano poste al margine come vero e proprio elemento accessorio. Anzi le bonifiche ambientali da rivendicare sono un capitolo enorme dello sviluppo dove non è assolutamente detto che non ci siano trasferimenti comunitari disponibili, in quanto nella logica centralista europea della regolazione dei mercati questi non vengono considerati sussidi che inficiano la regolarità della concorrenza.
Ecco che si arriva alla centralità della gestione del rifiuto il cui corso storico invece è stato letteralmente considerato al margine. Inoltre pensiamo anche alla mobilità, alla gestione dei beni comuni, alla sanità, alla realtà intera della funzione svolta dalla pubblica amministrazione, tutti elementi che possono intervenire nella realizzazione del “distretto produttivo”.
Un diverso approccio al “rifiuto” permette di ipotizzare innovazione nella gestione e allo stesso tempo decretare l’importanza di una medesima innovazione sul lato della produzione ricollegando lo scarto a nuove disponibilità di materie prime seconde, metalli e terre rare. Sarà possibile collegare a questa ipotesi di “Distretto del Rifiuto” start up e realtà di ricerca e sviluppo delle quali non possiamo fare a meno per avere sempre un orientamento di lungo periodo e fare scelte politiche di emancipazione e di specializzazione del lavoro. Le direzioni in cui un distretto può muoversi sono verticali o convergenti, laterali e diagonali i cui attori più di successo sono le aziende artigianali, piccole e medie industrie le cui capacità di adattamento sono notevoli. Questo avviene maggiormente se vengono aiutate sul fronte del credito all’interno di un patto che si chiuda sul territorio per il territorio. L’importanza dell’Accordo di Programma per Livorno in questa circostanza di crisi è certa e il Progetto di riconversione e riqualificazione, vero elemento operativo, dovrà valorizzare i passaggi e i soggetti che si dimostreranno interessati alla creazione di un distretto produttivo funzionante quindi economicamente efficiente e si dovrà guardare bene dal fare insediare aziende la cui finalità sia esclusivamente operare nel breve periodo.
Non ci possiamo permettere di arrivare in ritardo sulla definizione finale del suddetto progetto per Livorno (sembra sia annunciata l’apertura del confronto tra Invitalia e i soggetti coinvolti sul territorio già a partire dal mese di gennaio) perché questo dispositivo normativo toccherà i destini sia del Porto che dell’eventuale Distretto produttivo. Non ci possiamo ugualmente permettere di non tentar di fare da catalizzatore nei confronti di aziende interessate a processi innovativi al fine di far marciare una diversa economia rispetto a quella del passato che ha lasciato disoccupazione e una situazione di degrado ambientale notevole.
Dal quadro di Distretto non sono escluse le economie del turismo/cultura, della pesca e dell’agricoltura. Dobbiamo specificare necessariamente perché i termini non devono trarre in inganno nessuno, il Distretto Industriale è qualcosa di più dell’impianto di infrastrutture produttive ma tocca il rapporto menzionato in testa a questa riflessione tra persone e lavoro.
Buongiorno Livorno – Gruppo Lavoro/Economia.
* sui distretti industriali c’è una consistente letteratura, per una lettura di inquadramento leggibile http://economia.unipr.it/DOCENTI/SFORZI/docs/files/I%20distretti%20industriali.pdf%20industriali.pdf