Ogni occasione è buona per perseverare nella criminalizzazione su base etnica: e, da sempre, i rom e i sinti sono in cima alla lista della speciale classifica in cui la semplice appartenenza etnica è elemento sufficiente per lo stigma sociale e la condanna preventiva.
Stavolta è il turno della responsabile Sicurezza e Mobilità della Polizia municipale, Michela Pedini, che – al termine di un sopralluogo nell’area ex TRW, dov’è stata individuata una discarica abusiva – ha dichiarato: “tanta di quella spazzatura abbandonata sicuramente è stata lasciata da rom e quindi sarà impossibile risalire ai responsabili”.
Pedini non ha dubbi: ciò che potrebbe essere ipotizzabile è per lei certo, tanto da poterlo dichiarare con disinvoltura e con la massima sicurezza.
Siamo curiosi di sapere come si distingua la spazzatura lasciata dai rom da quella lasciata dai cittadini di altra origine: non è una domanda etorica, vorremmo davvero saperlo.
Nel frattempo ci chiediamo che senso di responsabilità accompagni dichiarazioni pubbliche come queste, fatte da persone con ruoli e compiti importanti, che contribuiscono a veicolare messaggi discriminanti e alimentano una visione parziale, spesso distorta e in buona parte immaginifica della realtà. Nessun tentativo di arginare il circolo vizioso alimentato dai media, dalla politica e dal “senso comune”: e questo nonostante i fatti, le statistiche e i documenti ufficiali lo smentiscano, come conferma anche il Dossier Statistico Immigrazione 2015 (che si avvale, fra l’atro, di fonti ministeriali).
Ci preoccupa molto che tali dichiarazioni siano rilasciate, in questo caso, da una persona che – fra gli altri compiti – avrebbe quello di favorire l’approccio formativo e pedagogico con la cittadinanza da parte della Polizia municipale, come più volte sottolineato e pubblicizzato dalla stessa amministrazione.
Chi ricopre determinati ruoli dovrebbe avere formazione e preparazione adeguate e, soprattutto, essere mosso da un profondo rispetto per la piena dignità di ogni essere umano, nessuno escluso, invece di scadere in atteggiamenti discriminatori su base etnica; dovrebbe insomma differenziarsi, se non altro per la responsabilità che ha, dalla narrazione dominante, pesantemente condizionata da stereotipi e pregiudizi che alimentano una sottocultura discriminatoria tesa a criminalizzare e condannare preventivamente sulla base di pregiudizi e ipotesi non chiarite.
Ancora più stridente e triste leggere queste parole nell’imminenza della Giornata della Memoria, giornata dedicata alle vittime dei lager nazisti tra le quali ci sono state anche persone di origine rom e sinti: dopo gli ebrei, per i quali si parla di Shoah, sono state loro a contare il maggior numero di vittime, circa mezzo milione. Una strage che rom e sinti chiamano, tuttora, Porrajmos.
Per queste popolazioni, purtroppo, il “genocidio” culturale continua senza interruzioni, modificato nelle forme ma immutato quanto a discriminazione.
Stefano Romboli – Gruppo sociale #BuongiornoLivorno