La politica si può fare in tanti modi. Si possono avere idee contrarie, divergenze, opinioni, si possono usare strategie, tattiche o semplicemente fregarsene. In ogni caso, per fare politica, quella credibile e che ancora può avere un senso, tralasciando per il momento il piano programmatico, serve soprattutto una grossa dose di onestà intellettuale e coerenza.
Le vicende che sono emerse in questi giorni a Livorno, legate al nuovo piano di sicurezza che regola l’accessibilità dei cittadini al Palazzo Comunale, meritano una riflessione che vada oltre la semplice speculazione retorica di parte, ristabilendo il piano della realtà basato su fatti e valutazioni quanto più oggettive. Partiamo dal presupposto che qualsiasi forma di chiusura di spazi pubblici o limitazione degli stessi è contraria a quei basilari principi di libera partecipazione che dovrebbero regolare un governo democratico.
Partiamo però anche dalla constatazione che in tutta franchezza questi principi e queste libertà non sono rispettati a molti livelli della vita sociale e nella maggior parte dei casi sono gestiti malamente sia da coloro che dovrebbero essere i soggetti attivi della partecipazione (i cittadini) che da coloro che dovrebbero facilitare e organizzare il processo (chi detiene l’amministrazione e il potere). I casi dei consigli comunali dedicati ad Aamps tra dicembre e febbraio, ad esempio, sono stati paradigmatici nel manifestare la totale inadeguatezza di tutti i soggetti che avevano parte attiva nella discussione. Inadeguatezza di chi, detenendo il potere e quindi con maggiori responsabilità, aveva il compito di facilitare un livello di discussione meno conflittuale, inadeguatezza di chi, spinto dalla rabbia e da forme di forte strumentalizzazione, ha riversato offese, minacce e atti intimidatori nei confronti della parte politica che in quei momenti era chiamata a deliberare e inadeguatezza di chi, nel ruolo di consigliere comunale, compreso il sottoscritto, non è riuscito ad evitare che la situazione degenerasse o di chi, ancora peggio, ha fomentato odio e tensione. Il quadro complessivo venuto fuori in quelle giornate è stato di un livello talmente basso che probabilmente l’unica risposta realmente efficace sarebbero state le dimissioni collettive per manifesta incapacità. Questo, per onestà intellettuale è sempre bene ricordarlo.
La delibera della giunta, infatti, si lega inevitabilmente a quella fase costellata di errori generali e tocca due ambiti di fondamentale importanza: da una parte l’accesso al palazzo comunale solo attraverso la presentazione di un documento d’identità e dall’altro la capienza limitata della sala del consiglio comunale (fissata dal rapporto tecnico degli uffici in 100 persone, parte politica compresa). Se sul piano amministrativo le procedure sono poco sindacabili (la maggior parte delle strutture pubbliche in Italia sono regolate in questo modo) su quello politico il ragionamento deve essere diverso. Il segnale in questo senso è estremamente negativo e, considerando la fase di forte tensione sociale, probabilmente inopportuno e controproducente. Il nodo non è tanto intorno alla questione chiuso-aperto (le persone potranno comunque entrare) alla capienza (in tutti i posti pubblici c’è un numero limite che regola accessi e via di sicurezza) o alle fantasie di autoritarismo fascista esplicitate da qualcuno (a queste persone consiglio di farsi un bel viaggetto nel sud della Turchia per testare con mano cosa voglia dire “autoritarismo fascista”). Il nodo probabilmente non è legato neanche alle occasioni consiliari particolarmente a rischio (minoritarie rispetto alla totalità degli appuntamenti) . La riflessione principale, forse, è altrove e si lega alla volontà di evitare quanto più possibile un rapporto diretto con tutte quelle situazioni di disagio che periodicamente chiedono risposte. Vivendo quotidianamente il palazzo, in questi due anni ci siamo trovati più volte a dare sostegno e appoggio a decine di famiglie o singole persone in difficoltà, spesso accompagnandole negli uffici nel tentativo di fargli avere anche una minima risposta. La limitazione degli accessi, quindi, sembra andare nella direzione di un classico “non disturbate il conducente” in un momento in cui, invece, dovrebbero essere favoriti e incrementati processi di dialogo, confronto e mediazione anche all’esterno del palazzo in modo da provare a prevenire quel livello di conflitto che adesso si cerca di risolvere dall’interno.
Questo intervento, secondo la delibera, dovrebbe partire in forma sperimentale il primo giorno di agosto per concludersi il 31 dicembre. Ci auguriamo che in questo periodo di prova ci siano i margini per impostare una discussione che, nel rispetto delle norme, preveda forme alternative di gestione della sicurezza anche perché, come abbiamo detto, le responsabilità politiche sono di tutti, nessuno escluso. La chiusura, fisica o mentale, in tal senso, non è mai un bel segnale.
Marco Bruciati, capogruppo BuongiornoLivorno
Direttivo BuongiornoLivorno