Salviamo Livorno dai responsabili delle diffuse insicurezze sociali


Perseverare nella logica di ammassare negli stessi luoghi i richiedenti asilo è assolutamente sbagliato e ha per lo più una sola giustificazione: massimizzare i profitti di chi è coinvolto nella gestione (e spesso nel business) dei bisogni di queste persone. Invece di favorire l’accoglienza diffusa continuiamo perciò a subire decisioni calate dall’alto, che piombano sulla testa dei cittadini senza minimamente informarli né coinvolgerli. Non ci stupisce quindi che molti cittadini reagiscano con più o meno preoccupazione e ostilità a queste dinamiche.
Da tempo abbiamo evidenziato la necessità di invertire la rotta, non trascurando la logica del contenimento del numero delle persone da accogliere nel nostro territorio; e questo proprio per favorire, considerando le attuali condizioni, l’integrazione e la relazione con gli abitanti. A costo di ripeterci torniamo a dirlo con forza: questo modello di accoglienza centralizzato è completamente sbagliato e rischia di fomentare tensioni e giustificare atteggiamenti che possono facilmente sconfinare in forme, più o meno dichiarate, di razzismo. Ciò detto non possiamo che prendere nettamente le distanze da manifestazioni come quella – promossa da alcuni cittadini (volantino Salviamo Livorno) contro la preannunciata apertura, in via Michon, di una mensa per centinaia di richiedenti asilo. La società che gestisce altri centri di accoglienza in città e che aveva deciso di aprire questa nuova mensa ha poi deciso di fare un passo indietro dopo le “proteste”. In quel volantino abbiamo letto “livornesi costretti ad assistere, ormai impotenti, al progressivo degrado della loro città”, e ancora: “chi vive nel quartiere dovrà quindi modificare in peggio i propri stili di vita, vedrà svalutate le proprietà spesso acquistate con grandi sacrifici, trovandosi a vivere nella paura e nel disagio”. Tutto questo è il frutto sia della scarsa conoscenza della storia livornese degli ultimi 20-25 anni sia di un sistema economico, e di un modello di società, costruito sullo sfruttamento della maggior parte della popolazione per il profitto e gli interessi di pochi.
Livorno non è assediata dai richiedenti asilo: sono circa 700, numero non trascurabile, ma che costituisce una percentuale irrisoria rispetto alla popolazione cittadina, circa 160.000 abitanti. Chiaramente non si possono negare la precarietà sociale e l’aumento di insicurezze e povertà dei livornesi, ma questi dati di fatto poco o niente hanno a che vedere con queste persone in fuga dai propri Paesi. Il graduale smantellamento dello stato sociale, a Livorno come in tutta Italia, non è una conseguenza dell’arrivo di questi disgraziati. Le ragioni sono ben più profonde e intimamente legate a scelte politiche che guardano alla finanza e ai mercati ma non alle persone, cui si aggiungono le incapacità e inadeguatezze dei nostri amministratori locali e dei governi centrali.
L’insicurezza – reale o percepita – non sembra essere avvalorata dai dati della microcriminalità (almeno non da quelli relativi ai reati commessi da chi chiede asilo o è profugo). Sarebbe bello, e ben più utile, se i cittadini che hanno promosso o firmato quel volantino (ed anche gli esercenti che l’hanno esposto alle loro vetrine) attivassero meglio il proprio senso critico, rifiutando di lasciarsi trasportare ed impaurire da falsi miti e narrazioni distorte (costruite anche ad arte spesso), e si confrontassero tra loro ed insieme alle istituzioni per cercare, trovare indicare migliori soluzioni ai problemi. È necessario rifiutare la facile contrapposizione fra ultimi e penultimi e puntare ai veri responsabili delle troppe insicurezze economiche e sociali, invece di sfogare il proprio rancore verso altri poveri.

Direttivo Buongiorno Livorno