L’alluvione del 10 settembre è stata una tragedia enorme e mai vista a Livorno, senza precedenti, almeno in epoca moderna. Nonostante la Toscana sia ormai una delle regioni con maggiori rischi idrogeologici, mai la nostra città aveva subito così gravi perdite per un evento legato alla natura e al maltempo.
Limitarsi alle considerazioni sulla rarità dell’evento naturale, e indugiare sull’ineluttabilità della catastrofe è inaccettabile, soprattutto da parte di chi ha ruoli e responsabilità istituzionali.
Il minimo, sia per il rispetto delle vittime e dei loro familiari, sia per tutti gli attuali e futuri abitanti della nostra città, è quello di impegnarci affinché simili tragedie non accadano più.
Visto il dibattito e le dichiarazioni rilasciate in questa settimana da Sindaco e responsabili degli uffici, ci sembrano infatti evidenti alcune colpevoli lacune organizzative che, seppur non volontarie, non hanno contribuito ad attuare tutte le procedure necessarie.
Ma c’è anche altro: le conseguenze dell’incuria e delle responsabilità umane e istituzionali sono di gran lunga superiori a quelle naturali. Le dinamiche della tragedia, in particolar modo quelle legate alle zone più colpite dalle esondazioni dei rii cittadini, ce lo indicano chiaramente.
Facciamo i conti con i processi di urbanizzazione e con le trasformazioni urbanistiche che per decenni hanno consumato territorio con conseguenti variazioni dei sistemi naturali. Nuovo Centro, Borgo di Magrignano, Nuova Scopaia, incremento dell’urbanizzazione diffusa a Montenero e Collinaia, per citare i casi più eclatanti. Senza contare gli strumenti di valutazione e monitoraggio dei piani regolatori e un apparato normativo che dispone da anni di ampi e dettagliati strumenti per prevenire il rischio idraulico e idrogeologico sul territorio. Principi che anche l’attuale amministrazione, analizzando le previsioni di nuove edificazioni e carico urbanistico e le ultime scelte urbanistiche (via Goito su tutte) non sembra voler perseguire fino in fondo.
Nel giro di circa 20 anni anche Livorno ha perseguito un modello di sviluppo legato alla cementificazione, contribuendo alla fragilità di un territorio violentato da urbanizzazioni scomposte, esagerate, inutili alla collettività, eccessive e scoordinate. A tutto ciò si sommano altri fenomeni, come l’aumento di tagli boschivi che, causa una maggiore velocità di correlazione dell’acqua dei torrenti, ha contribuito a rendere ancora più devastante l’impatto sulla città, o l’impermeabilizzazione del terreno, complice la siccità. Sono molti i fattori che hanno portato alla catastrofe, non solo l’evento naturale di dimensioni spaventose.
Da questo momento non vogliamo e non dobbiamo accontentarci degli attestati di solidarietà e delle parole di circostanza: vogliamo che chi di dovere cominci subito a realizzare le opere necessarie per favorire lo stato di sicurezza della città. Per stessa ammissione delle Istituzioni i soldi ci sono: Stato, Regione e enti locali — Consorzi di bonifica in primis (per i quali ricordiamo i cittadini pagano una tassa specifica) — diano subito segnali concreti perché mai come adesso Livorno merita il massimo rispetto e la massima cura.
In tal senso, l’ultima notizia che certifica il commissariamento del governatore Rossi rispetto alla gestione dei fondi di emergenza, non è ben augurante. Parliamo di una figura politica che negli ultimi sette anni (esclusi quelli di Livorno) ha gestito il pre e il post di cinque grosse alluvioni che hanno causato 25 vittime in Toscana (Prato, Lunigiana, Grosseto, Massa Carrara, Orbetello). Parliamo di chi ha incarnato e sponsorizzato il modello economico e urbanistico causa di tutte queste tragedie. Un ennesimo schiaffo alla capacità di questo territorio di autodeterminarsi e di cambiare strada rispetto al passato, a partire dalla gestione della fase emergenziale.
Davanti a questa tragedia e alla potenza — crescente — dei fenomeni naturali, dobbiamo decidere quale posizione attribuire alla cura e alla salvaguardia del suolo nella nostra agenda politica. Per questo servirà la volontà e la capacità di attingere ai finanziamenti pensando anche a strumenti tecnico- giuridici innovativi.
Che si faccia chiarezza sulla gestione dell’emergenza immediata, affinché si possa fare affidamento su enti di controllo e prevenzione e un sistema di allerta della popolazione senza falle, non riducendo la discussione ai singoli strumenti ma individuando gli incarichi, la loro organizzazione e stabilendo se tutti hanno agito nei tempi e nelle modalità previste, primo fra tutti il Sindaco, responsabile della protezione civile.
Ma servirà poi il coraggio di adottare soluzioni mai prese prima, per la ricostruzione e la salvaguardia delle zone a rischio. Servirà la volontà di smontare una catena di poteri clientelari, legati alla speculazione a danno della collettività. Livorno deve essere protagonista della propria ricostruzione, parte attiva nelle decisioni sulla gestione dei finanziamenti che arriveranno, altrimenti avremo ancora decisioni inefficaci, lontane dalle necessità del territorio e calate dall’alto.
Noi siamo, e lo abbiamo dimostrato in questi drammatici giorni, una città senza paura. E vogliamo continuare a esserlo.
Direttivo Buongiorno Livorno