La scrittrice Cecilia Resio (livornese che abita a Bologna ma che spera di tornare a breve a casa) ci ha inviato queste due poesie inedite.
I Bagni Pancaldi
Quando ero piccola, pensavo che il mare avesse una gola
e un appetito, ad ogni tuffo, pensavo, sarei morta per sempre.
Il mare ha fame di bambini e se l’ingoia.
Perché, quando ero piccola, morivo sempre, almeno una volta al giorno,
ma poi resucitavo, spesso all’ora della merenda o quando le nespole
erano mature per davvero. Ieri l’ho guardato ed era bello e solenne, con
quella prospettiva senza speranza, la confusione delle onde, il vociare cupo dei pescecani, l’ambiguità delle meduse, quell’odore di sale e alghe,
quel profumo di Tirreno e la verticalità dello stabilmento balneare,
austero, in questa stagione senza caciara, pronto per una nuova estate
di culi grossi, sughi di pomodoro, bellezze mozzafiato e cascamorti.
Quando ero piccola sognavo di cose terribili e magnifiche, sciagure
e grandi amori, poi son diventata grande e ora sogno di cose terribili e magnifiche, sciagure e grandi amori.
Una magnifica coerenza.
L i v o r n o
(ode alla città che mi ha dato i natali
e fra qualche giorno anche il capodanno)
Livorno è una città di vento e di occhi belli,
ha un accento popolare che fa ridere e sobbalzare
tanto è pieno di vocali strette strette e aperte e aperte.
Caproni sapeva il fatto suo quando la descriveva, sì.
E la torta di ceci e il castagnaccio
e i tramonti così rosa e arancioni che dici guarda guarda
e anche se sono anni che guarda guarda,
non smetti di smettere di far quel che stavi facendo:
pensare, guidare, camminare,
per guardarli ancora, vanitosi e struggenti.
E ti vien la furia dentro e la malinconia
e vorresti tuffarti in mare
e nuotare per andarlo a ripescare,
il sole.
Ributtarlo in cielo
e ricominciare a guardare.