Flavio, Riccardo e Paola, studenti di un liceo livornese, ci raccontano la loro esperienza di “Alternanza Scuola-Lavoro”, che li ha coinvolti per più di 200 ore in un teatro della città, togliendoli circa 2 mesi di scuola in tre anni.
Davide: Ragazzi, dove avete svolto la vostra “Alternanza” e con che modalità?
Flavio: Abbiamo svolto l’Alternanza Scuola-Lavoro in un Teatro molto prestigioso della città, dove abbiamo avuto l’opportunità di osservare da vicino professioni per noi nuove, che sono poco visibili quando qualcuno va ad assistere ad un’opera teatrale, come il costumista, lo scenografo o il macchinista teatrale. Questo è stato positivo perché abbiamo potuto conoscere nuovi ambiti lavorativi, soprattutto in terza superiore, ma nei due anni successivi la pratica di alternanza è diventata ridondante. Di fatti cambiavano le compagnie di spettacolo, ma le mansioni erano sempre le solite. Quindi l’idea di fondo poteva essere buona, ma il gioco non vale la candela con queste modalità, dato che per fare l’alternanza abbiamo perso tantissimi giorni di scuola e pomeriggi di studio, negli ultimi 3 anni scolastici.
Riccardo: Concordo con Flavio, l’alternanza era in linea con il nostro percorso di studio. Abbiamo visto un allestimento completo delle opere teatrali, con registi anche provenienti dall’estero, ma andando avanti con i 3 anni di alternanza tutta la faccenda è andata sfumandosi. Abbiamo assistito e ricoperte le solite mansioni per più di 200 ore complessive nei 3 anni, che corrispondono a circa 20 giorni l’anno di Alternanza, pomeriggi compresi (60 giorni complessivi). L’orario era dalle 8 alle 13, e dalle 14 alle 20. Alla fine tutto ciò si è rivelato inutile per la nostra carriera scolastica, dato che con tutte quelle ore perse la qualità del piano di studi è diminuita notevolmente, attuando programmi molto ampi in tempi ristretti. La scuola si dovrebbe concentrare sul migliorare le qualità dello studente e della cultura, non sul lavoro!
Paola: Sono d’accordo con i miei compagni. Il problema principale è che l’ente che “ospita” l’alternanza, non sa bene di cosa si tratta. Non sa come inserire 20 ragazzi contemporaneamente in un teatro e non sa che mansioni farli ricoprire. Infatti, molti di noi sono stati semplici spettatori per due settimane, senza far niente. Se fossimo stati in gruppi ristretti, per esempio in 5, non ci sarebbero stati problemi, e molti di noi avrebbero potuto conoscere al meglio tutte le tipologie di lavoro in quell’ambito. Il secondo problema è che gli insegnanti-tutor, addetti all’alternanza, non hanno seguito e monitorato l’esperienza. Nonostante le lamentele non si sono resi conto che mettere 20 adolescenti in un teatro, con una compagnia teatrale che proviene dall’estero, poteva portare a problemi logistici, oltre che di interesse personale.
D: Avendo avuto questa esperienza come la migliorereste?
Riccardo: Io la abolirei. Per me non è utile togliere 2 mesi di scuola in 3 anni, quando ci sono già numerosi problemi strutturali e di piano scolastico. Comunque sia, se dovesse rimanere in vigore, sarebbe opportuno che i luoghi dell’alternanza fossero sicuri, senza rischi per i ragazzi. Oltretutto lo studente non percepisce nessuna retribuzione per il lavoro fatto, pur svolgendo le stesse mansioni e le stesse ore di un lavoratore salariato.
Flavio: Anche per me non è strettamente necessaria, ne potevamo fare a meno, o comunque sia svolgere meno ore, magari una sola settimana. Comunque nel complesso siamo stati quasi “fortunati” dato che ci sono state molte classi che hanno svolto l’alternanza d’estate e nei giorni di festa.
Paola: Per me l’alternanza non dovrebbe esser fatta l’ultimo anno scolastico, ma i primi due anni del triennio con i perfezionamenti sopracitati, quindi piccoli gruppi, ampia sorveglianza e maggior conoscenza e disponibilità dell’ente che ospita questa iniziativa.
Si ringrazia Flavio, Riccardo e Paola per la loro disponibilità e la loro voglia di raccontare un’esperienza molto significativa per il loro percorso scolastico.
Davide Vicari
Gruppo Scuola BuongiornoLivorno