Livorno, città delle opportunità da ricreare


Nel 2008 (dieci anni fa!) l’Amministrazione Comunale di Livorno, guidata dal PD, candida per l’accesso ai finanziamenti PIUSS (Piani Integrati di Sviluppo Urbano Sostenibile) il progetto denominato “Livorno città delle opportunità”.
Si indice il concorso di progettazione di tre interventi: Dogana d’Acqua, Forte S. Pietro e ex Pirelli: solo per Dogana d’acqua si prevede un compenso pari a 140.000 euro oltre 20.000 per spese.
Per Dogana d’Acqua si ha un progetto preliminare che individua un valore dei lavori pari a euro 6.860.000.

Nel 2009 la Giunta approva il progetto preliminare, prevedendo la suddetta spesa nel triennio 2009-2011.

Nel 2010 il Consiglio Comunale trasla l’intera opera nel 2010 con la spesa di 6.858.522 finanziata come di seguito:
• 2.294.000 mutuo
• 405.889 oneri di urbanizzazione
• 3.988.633 contributo della Regione PIUSS
• 170.000 gestione residui.
Il progetto non ha il nulla osta della sovrintendenza (!) per cui si deve modificare con apertura del tombamento del bacino (che sarà realizzato con altro finanziamento pubblico).
Si modifica il progetto che ottiene il nulla osta e viene approvato come esecutivo con delibera 328/2010 della Giunta.

Nel 2011 con delibera di Giunta si approva l’integrazione del progetto definitivo.
Si ha concessione del mutuo della cassa depositi e prestiti.
La Regione diminuisce la quota di finanziamento a 3.515.039 PIUSS.
I 170.000 non sono gestione residui ma contributo statale e i 473.593 vanno su capitolo interventi di ristrutturazione.
Ad agosto 2011, per 4.945.338 Euro (a cui si aggiungono 225.700 Euro per gli oneri della sicurezza), la gara per la progettazione esecutiva e la realizzazione dei lavori di restauro dell’immobile della Dogana D’Acqua.

I lavori devono partire, nel rispetto dei tempi dei P.I.U.S.S., all’inizio del 2012 ed avranno una durata di 700 giorni.
I lavori vengono affidati a un’ATI con capogruppo CLC per un importo di € 5.690.848,85 (IVA e oneri sicurezza inclusi). I lavori devono concludersi entro la fine del 2014 per non perdere i finanziamenti della Regione concessi.
Il restauro del sito dell’antica Dogana d’Acqua si avvia con la costruzione del primo dei due edifici previsti, che sorge lungo la Via del Cedro a chiusura del bacino est dell’antica darsena. A breve segue anche la costruzione dell’altro edificio, che sorge sopra le arcate del ponte, sul sedime dell’edificio originario.
La Regione è costretta a concedere una proroga grazie alla quale il crono-programma dice che «il collaudo dovrà essere fatto entro il 30 giugno e, sia la Dogana che lo Scoglio della Regina, dovranno entrare in funzione entro il 31 dicembre 2015».

Nel settembre 2016 l’Università degli studi di Pisa, che avrebbe dovuto essere partner fondamentale per la costituzione del polo Tecnologico, con un messaggio inviato dal Rettore, comunica che “il consiglio di amministrazione, nella seduta del 28 luglio, ha doverosamente preso atto del venir meno delle condizioni e dell’interesse per l’utilizzo degli spazi all’interno dell’edificio Dogana d’acqua. Non è pertanto possibile procedere alla sottoscrizione del nuovo e modificato protocollo che ci avete inviato recentemente…”.
Salta l’accordo con UNIPI che era alla base del progetto presentato per il PIUSS, anche per l’incapacità di trovare un accordo da parte dell’Amministrazione Comunale e probabilmente per errori di valutazione fatti sia dall’attuale amministrazione che dalla precedente.
Nel 2016 la Giunta approva il progetto preliminare per la riapertura del bacino d’acqua tombato per euro 1.435.800, di cui 570.000 finanziati con mutuo e 95.000 con oneri di urbanizzazione messi a bilancio triennale 2016-2018.
Entro luglio 2017 sarebbe dovuto entrare in funzione il Polo della logistica e delle alte tecnologie, ospitato presso i locali dello Scoglio della Regina e Dogana d’Acqua.

Siamo a gennaio 2019 e ancora niente si muove. Abbiamo speso oltre 6,5 milioni di euro pubblici (leggi nostri) e la Dogana d’acqua è vuota. L’immobile è abbandonato e ha (almeno) il ruolo di dare rifugio ad alcuni senza tetto.
Il progetto non decolla, le start up non rispondono, così che il Comune, a fine 2018, arriva a concedere tramite bando lo spazio di Dogana d’acqua a start up che ne facciano richiesta a fronte di un affitto dei locali pari a duemila euro l’anno, che sarà versato all’Autorità Portuale come canone concessorio demaniale.
Il primo bando è andato deserto, tanto che il Comune è costretto a rinnovare la procedura per l’insediamento di start up all’interno di Dogana d’ acqua, con scadenza 8 gennaio prossimo.
Nel frattempo la Regione concede, questa volta su input dell’amministrazione 5 stelle, un ulteriore finanziamento di 5 milioni di euro per la costituzione di un altro Polo Tecnologico, nell’ambito dell’Accordo di Programma per il rilancio dell’area industriale di Livorno.
Per adesso il Comune ha affidato ad un’ATI con Simurg capofila la realizzazione del percorso partecipativo e successivo studio di fattibilità per un nuovo polo tecnologico (progetto denominato “Diversis gentibus una”) a Livorno, per un costo di 67.000 euro.
Ad agosto è stato trasmesso alla Regione il progetto di fattibilità del “Nuovo Polo dell’Innovazione di Livorno”: 3 milioni per la ristrutturazione dell’area ex Macelli e 2 milioni a disposizione delle imprese e progetti innovativi.

Ci sembra evidente che anche l’amministrazione 5 stelle, come in precedenza quella PD, non abbia avuto la capacità di creare un contesto favorevole né la capacità per attrarre soggetti in grado di proporre progetti innovativi.
Crediamo che la prossima amministrazione comunale dovrà sviluppare questa capacità attrattiva per attivare progetti che abbiano un impatto concreto sull’economia cittadina, e che per fare questo si debba partire intanto da un progetto complessivo, da una visione di città a lungo termine.
Livorno deve riuscire ad attirare finanziamenti e risorse, ma all’interno di un modello di sviluppo complessivo e non con azioni-spot come quelle che hanno caratterizzato le precedenti amministrazioni.
Occorrerà strutturarsi per andare a cercare risorse economiche e finanziarie, ma anche risorse umane e tecnologiche, che peraltro non dovrebbero mancare in un territorio contiguo ad uno dei migliori poli universitari e di ricerca di Italia.
Occorrerà costruire e rafforzare legami e rapporti nazionali e internazionali con altre città, per portare Livorno su un piano di sviluppo a livello europeo.
Sarà necessario ricostruire i rapporti con gli attori che sul nostro territorio fanno impresa e con chi fa concertazione sindacale, ma anche con le altre istituzioni, ricostruendo un dialogo che si è sempre più deteriorato (esemplare la situazione del porto) a discapito della città.
Si dovrà avere la forza di tornare a investire puntando alla salvaguardia e tutela del territorio, alle bonifiche ambientali, all’efficientamento energetico degli edifici pubblici, allo sviluppo del settore della green economy e alla creazione di un distretto economico che si basi sul recupero dei rifiuti.
Ci sarà da puntare sulla creazione di distretti economici che potenzino le nostre imprese e ne sviluppino nuove, moltiplicando risorse e occupazione, sia nel settore culturale, dell’intrattenimento e del turismo.

Dopo aver fatto questo un Polo Tecnologico a Livorno avrà un senso. Altrimenti sono solo soldi pubblici sprecati e opportunità perse.

Valentina Barale
Direttivo Buongiorno Livorno