“Schiavi mai!” Edicole in sciopero


Lo sciopero nazionale degli edicolanti di lunedì scorso ha una e mille motivazioni, anzi ragioni.

La manifestazione indetta a Roma e la chiusura delle serrande, entrambe volute dai sindacati di categoria – Sinagi, Sbag e Usiagi – per ottenere il rinnovo dell’accordo nazionale, che risale al 2008, sono state completamente ignorate dalla Federazione Italiana Editori Giornali.
È facile capire che le percentuali sui giornali (gli aggi) percepite dalle edicole non possono essere le stesse di undici anni fa.
Da anni gli editori lanciano prodotti super scontati e in promozione, ma la percentuale per distributori e edicolanti è rimasta invariata. In più nessun intervento è stato messo in atto per tamponare la digitalizzazione dell’informazione e, con la liberalizzazione della vendita giornali, è calata la mannaia definitiva.
La filiera editore → distributore → edicola si basa su regole e leggi del 1946 – e non stiamo scherzando. Ovviamente anche le modalità operative sono da medioevo. “Schiavi mai” è stato lo slogan gridato dai giornalai a Montecitorio e davanti alla sede della Fieg.

Schiavi, sì, perché:

  1. accennavamo agli effetti della digitalizzazione: se a Livorno in piazza Cavallotti il sabato si vendevano 650 copie de Il Tirreno, oggi quando va bene se ne vendono 150. Avete mai notato azioni atte a incentivare la lettura del cartaceo, da parte di chicchessia?
  2. L’edicolante non ha alcun potere decisionale né su quali pubblicazioni vendere né su quante né sul loro tempo di permanenza in edicola. Si distribuisce tutto a tutti, che ci si trovi in centro o in periferia.
  3. Ogni settimana l’edicolante gestisce e paga in anticipo migliaia di merci che l’editore mette sul mercato riscuotendone i relativi contributi, siano vendute o no.
  4. Il mercato è saturo di giochini per bambini e collezioni di ogni tipo: ne arrivano 500, ne vendi a 5, senza che sia possibile un feedback sulle vendite. Di fatto l’edicolante è il magazzino degli editori – ma, come magazziniere, lavora a vuoto, senza ricavi. Inoltre è impossibile esporre una tale quantità di merce in poco spazio, cosicché le edicole sono diventate brutte.
  5. Non puoi fidelizzare i clienti: il distributore non ha né gli arretrati né riviste specializzate, esterne alla solita distribuzione. La richiesta del cliente, che porterebbe un incasso sicuro, costringe i giornalai a ordinare online sul sito dell’editore: ma se il cliente ordina da sé, la merce gli arriva venti giorni prima.

Per concludere, sebbene l’edicolante sia il solo davanti a chi paga, cioè il cliente, non ha nessun margine di trattativa o gestione della propria attività. Questa è la risposta della Fieg allo sciopero: “[…] la Fieg ribadisce la propria disponibilità a continuare gli incontri con i rappresentanti degli edicolanti a condizione che siano rispettate le regole di un corretto confronto, senza ulteriori iniziative unilaterali che non potranno che ritardare la discussione tra le parti e, di conseguenza, le possibili soluzioni ai problemi del settore.”
Tradotto: sarete anche importanti ma il coltello dalla parte del manico lo teniamo noi.

Il governo ha recentemente messo mano alla legge e il sottosegretario con delega all’editoria, Vito Crimi, ha parlato di sgravi fiscali, rottamazione delle licenze, incentivi per acquisto e utilizzo dei programmi gestionali e regolamentazione della liberalizzazione della vendita dei giornali. Si pensa a trasformare le edicole in hub di servizi (altre proposte sono al vaglio). C’è poi da dire che alcune di queste, come quella del Pd alla Regione Toscana (firmata anche da Francesco Gazzetti, cosa assai grave visto il ruolo che ricopriva), sono ridicole e sembrano non tener conto di come vanno le cose. Un esempio su tutti? Dare agli studenti universitari soldi da spendere in edicola: ma il distributore non è in grado di procurarsi riviste specializzate. Dunque che cosa venderà mai a un futuro architetto? “Cose di Casa”?

Paola Di Dato
Gruppo commercio BuongiornoLivorno