Verso l’8 Marzo: uno sciopero sociale e politico


Manca meno di un mese all’8 marzo, giornata di sciopero e lotta da tre anni.
Dal 2016 il movimento transfemminista Non Una Di Meno ha riempito profondamente di nuovi significati una giornata che fino ad allora non si sottraeva alla dimensione di individualità, ai luoghi domestici, agli stereotipi di genere, allo sfruttamento e alla violenza patriarcale. Lo ha fatto riempiendola di rivendicazioni politiche e pratiche di solidarietà transfemministe. Ma perché si parla di transfemminismo e non di femminismo?

Non Una Di Meno fa dell’intersezionalità delle lotte il suo strumento di analisi e di azione principale. Utilizzare un’unica chiave interpretativa che schiacci l’esistenza di una persona lungo un solo asse di oppressione può risultare escludente e riduttivo. Il transfemminismo di Non Una Di Meno è di e per tutt_ coloro che sono “altro” rispetto all’uomo bianco cisgender, etero e benestante, sul solco del quale vengono ricalcate leggi, politiche lavorative, economiche, sanitarie, educative, abitative eccetera. Questo lega intrinsecamente il transfemminismo alle lotte di tutte le soggettività oppresse secondo diversi gradi. Per questo motivo non possiamo considerare separatamente il transfemminismo, l’antirazzismo, la lotta di classe, le lotte contro lo sfruttamento delle terre e l’autodeterminazione dei popoli. Il movimento ha strappato il velo sotto il quale si nascondono le strette alleanze tra patriarcato, neoliberismo, razzismo e spinte fortemente reazionarie. La retorica progressista sulla TAV, su tutte le grandi opere, sulla tecnologia (che non essendo irrelata dalle condizioni socioculturali e materiali nelle quali si inserisce e, dunque, dalle direzioni economiche e politiche, rimane strumento di perpetrazione di violenze e
oppressioni) e il ritorno alla famiglia tradizionale e il conservatorismo convivono pacificamente.

Queste forze oppressive attraversano tutti gli ambiti della nostra vita, a partire dal lavoro produttivo e riproduttivo che svolgiamo, fino alla sanità, all’educazione e al linguaggio.

Cos’è lo sciopero dell’8M? Molte lavoratrici hanno riconosciuto lo sciopero generale contro la violenza patriarcale come necessario e come possibile (nonostante le obiezioni di impossibilità). Le iniziative delle lavoratrici hanno messo in moto un processo di riappropriazione e risignificazione dello sciopero come pratica di lotta da cui non si può tornare indietro e hanno seriamente messo in discussione il monopolio dei sindacati sullo sciopero. Nonostante questo, i sindacati hanno la responsabilità, nei confronti delle loro iscritte, di dichiarare lo sciopero e creare le condizioni affinché l’8 marzo sia praticabile in tutti i settori lavorativi. Dunque lo sciopero femminista si vuole insieme vertenziale, sociale e politico.

Lo sciopero femminista dell’8 marzo si declina in

  • sciopero dei e dai generi: per la liberazione di tutte le soggettività non binarie, per l’autodeterminazione sul proprio corpo contro le patologizzazioni, le psichiatrizzazioni e le violenze. NUDM rivendica l’autodeterminazione e la liberazione di tutte le soggettività oppresse dagli stereotipi di genere fin dai primi mesi di vita. Sciopero dal lavoro produttivo e riproduttivo: interi settori del lavoro produttivo sono completamente portati avanti da donne, sempre più esposte ai ricatti, alla precarietà e alla povertà. Lo smantellamento del welfare, i tagli ai finanziamenti sono un perno centrale della ricattabilità e della precarizzazione delle nostre vite: produciamo e riproduciamo la società in ogni secondo della nostra vita, lavorando, prendendocicura de_ figl_, de_ anzian_, pulendo la casa, cucinando, facendo le lavatrici. Lavoro riproduttivo mascherato sotto una presunta naturalità di caratteristiche della donna, sotto sentimenti d’amore che ci spingono naturalmente a prenderci cura de_ altr_. Il lavoro di cura salariato “È la richiesta mediante la quale la nostra natura finisce e inizia la nostra lotta perché volere salario per il lavoro domestico significa già rifiutare questo lavoro come espressione della nostra natura e quindi rifiutare proprio quel ruolo femminile che il capitale ha inventato per noi.” [Silvia Federici, Il punto zero della rivoluzione, Ombre corte]. Dall’altra parte interi settori lavorativi sono portati avanti da donne: pulizie, educazione, cura de_ anziani. Lavori di cura salariati svolti da donne,spesso migranti, sottopagate che sopperiscono alle carenze dei servizi pubblici. Se tutte le lavoratrici scioperassero l’8 marzo interi settori lavorativi sarebbero completamente bloccati.
  • Sciopero dal consumo: vogliamo un cambio di sistema che porti ad un altro modo di vivere le terre, per opporci alle guerre, alle colonizzazioni, allo sfruttamento della terra, dei territori e dei corpi umani e animali.

Contro violenza di genere, sfruttamento di corpi e terre, repressione, razzismo, frontiere,precarizzazione, obiezioni di coscienza, vogliamo:

  1. Un reddito di autodeterminazione
  2. Un salario minimo europeo e un welfare universale.
  3. Aborto libero sicuro e gratuito.
  4. Autonomia e libertà di scelta sulle nostre vite,
  5. Ridistribuire il carico del lavoro di cura.
  6. Essere libere di andare dove vogliamo senza avere paura, di muoverci e di restare contro la violenza razzista e istituzionale.
  7. Un permesso di soggiorno europeo senza condizioni.

L’8 marzo noi scioperiamo!

Rosa Caramassi